LE VIE DEL DESTINO, PRIMO FLASH

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Ultimamente mi ritrovo spesso a camminare sotto i portici di Via Saragozza. Per anni, è stata solo la “parallela” di un’agitatissima e indaffaratissima Via Andrea Costa, la strada da attraversare in macchina a tutta velocità per raggiungere, per riunirsi a. Invece, complici i cappuccini pomeridiani con un’amica che sotto quei portici vi abita da sempre, ultimamente mi ritrovo a riscoprirne i muri, gli angoli, le volte, gli odori. Mentre vi cammino calma, vengo aggredita da flash di ricordi. Questa strada, in realtà, è stata importante teatro di momenti della mia vita passata. E catturo questi “flash” a spezzoni, li trascrivo, per non dimenticarli più. Resteranno qui, su questo blog fino a quando la rete o più semplicemente wordpress non decideranno di spegnersi.

Primo Flash:
Sono piccola, molto piccola. Cammino spedita ma riesco a fare molti meno passi della donna alta e robusta che mi tiene per mano. Lei fa un passo e io, per poterle star dietro, per non farmi tirare – cosa che la infastidisce parecchio – ne devo fare tre nello stesso tempo. Se tento di guardarla in faccia, devo tirare su la testa e il sole mi acceca, la riesco a vedere solo in ombra specchiata dai raggi che mi feriscono le pupille.
“Nonna, andiamo a San Luca?” le domando, esitante
“Tesoro mio, è lontanissimo, è una sfacchinata!”
“Prometto che starò buona e non mi lamenterò fino alla fine…” la imploro.
Mi guarda con occhi buoni e placidi e mi sorride.
“Va bene. Sabato mattina partiamo di buon ora”
Il viaggio interminabile inizia da Via Indipendenza, dove abita la nonna. Prendiamo il 21, autobus che ci porta fino alla fine di Via Saragozza – (scopro poi, che di vie Saragozza ce ne sono due, una “dentro” e l’altra “fuori porta”).
Scendiamo alla fine, prima della Porta. La nonna attraversa la strada tenendomi stretta per mano.
“Evitiamo il bar Margherita, è un bar malfamato! Pensa che lì dentro ci hanno pure ucciso uno!” mi dice. Mi volto indietro a guardare quello che sembra un bar normalissimo, un po’ dimesso, abbandonato. Nel farlo mi faccio tirare e la nonna si infastidisce.
“Non guardare! Lì dentro ci sono gli omaracci!” e mi strattona in braccio per farmi riprendere l’andatura normale di marcia.
La prima tappa è “dalla Madonnina”. Una nicchia piccola e chiusa da grate con tanti quadretti in argento attaccati con il fil di ferro, fiori un po’ appassiti e piccoli foglietti, quelli che nonna chiama “ex-voto”.
“E’ una Madonna miracolosissima!” mi spiega “se avrai problemi di studio, un giorno, vieni qui e lei ti aiuterà…”
E poi inizia la salita. Piano, lentamente, a fatica ma caparbia, aggiunge un passo all’altro sgranando il suo rosario, quello scuro, dalle perle nere. Recita le preghiere in latino, io non le capisco. Le so dire solo in italiano, quindi provo a ripetere ciò che riesco a ricordare e fingo sia una formula magica che mi farà crescere in fretta: rechiameterna domisdom..
La seguo. Sono piccola, molto piccola. Ho sete. Ho fame. Ma so che se si va in “gita” a San Luca, tutto questo non conta, e soprattutto, non devo lamentarmi o fare storie. Una volta iniziato, il viaggio non può aver fine se non in cima.
L’ho chiesto io. Stringo i denti e seguo la nonna.

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