UNA “VITA INCOMPLETA” CHE FORSE UN PO’ RIMPIANGO

 

Ormai è nota la mia passione per i Drama Coreani. Non sto a spiegarne più il perché. Ho già detto fino alla nausea che sono alla ricerca di storie, quelle storie che non trovo nei libri che leggo, e sono bulimica in questo senso, affamata sempre di ogni forma narrativa, qualunque essa sia. Quindi nessun bisogno di specificare, di puntualizzare, di giustificare.

Ho visto da tre mesi circa a questa parte, un qualcosa come venti, trenta drama coreani. Alcuni li ho apprezzati, altri meno. Studiati tutti, nei particolari, circa il linguaggio, le ambientazioni, la caratterizzazione dei personaggi. Devo ammettere che i coreani sono proprio bravi a raccontare. Storie anche difficili, o a volte, come nel caso di Misaeng, drama appena terminato, apparentemente (soltanto apparentemente) banali.

Certo, i Drama raccontano una realtà molto lontana da questa nostra occidentale, in quanto mentalità, tradizioni, usi, costumi e, ovviamente, modo di vivere e di rapportarsi con gli altri. Ma è bello proprio per questo. Riuscire a osservare, attraverso le storie raccontate, una realtà e mentalità lontana dalla mia, anche se, per certi versi, vorrei lo fosse.

Per anni ho amato lavorare. Studiare, informarmi, dedicarmi al mio lavoro con tutta me stessa. Ho persino rinunciato ad avere una vita sentimentale pur di poter vivere il mio lavoro con abnegazione. Arrivare mezz’ora prima in ufficio e uscire quando ormai tutti erano andati a casa da diverse ore era, all’epoca (ma sicuramente anche oggi), assolutamente incompatibile con una relazione amorosa. Ma era esaltante riuscire a raggiungere un obiettivo o farlo raggiungere al mio capo. Era bellissimo corrispondere con il mondo intero (con i “potenti mezzi di allora” che stavano appena apparendo sulla scena: un telex, un fax erano già sistemi all’avanguardia e avveniristici. Le email ancora non erano state inventate…) e poterlo fare passando da una lingua straniera all’altra in poche battute.

Era bello lottare per un contratto, per una sponsorizzazione, per una nuova commessa acquisita. Era bello anche il rapporto che si instaurava con i colleghi: non di amicizia, non di fratellanza, non di amore, bensì di cooperazione e, se eri fortunato, con alcuni anche di complicità. Era bello stimare il proprio capo e sentirsi parte di una squadra. Essere fedeli a quel superiore che, spesso, ti trattava anche male, se commettevi un piccolo insignificante errore non te la faceva liscia, a volte anche urlandoti dietro, ma che, qualunque fosse l’entità dell’errore, ti sosteneva, ti difendeva, ti dimostrava di tenere al fatto che appartenessi alla sua squadra.

Amavo gli uffici. I magazzini. Le strutture quadrate e lineari delle costruzioni nelle quali l’Azienda si insediava. Amavo l’odore della carta che veicolava da ufficio a ufficio, del toner delle fotocopiatrici, del caffé mal tostato delle macchinette nella sala d’attesa, e il trillare continuo dei telefoni interni e quello più aspro dei centralini. Amavo gli uffici, amavo l’Azienda. Amavo lavorare.

E’ stato un bel periodo, quello in cui ho creduto nel sogno di una carriera. Anche se non rimpiango la scelta diversa fatta poi.

16-01(321)

E un drama, Misaeng, che in 20 puntate racconta la vita quotidiana di alcuni impiegati in una multinazionale commerciale  coreana mi ha fatto ritornare alla mente tutto questo. Le lotte, i pettegolezzi, le sgomitate, le sottili cattiverie, gli schemi e le strategie per salire di grado, le complicità e amicizie inespresse ma solide e costanti, la fatica, il sudore, le notti insonni trascorse su un progetto o una presentazione. Lo studio. Gli aggiornamenti. Il training costante.

misaeng

Complimenti all’autore di questa fiction di successo (ha ottenuto picchi di audience in Corea sbalorditivi) Jung Yoon-jung e al regista Kim Won-seok.  Anche se la Corea è lontana dall’Italia, ho ritrovato in questo raccontare molte similitudini, anche quelle negative del mobbing e del sessismo, con la realtà lavorativa mia di anni fa. Non posso dire che sia quella di oggi, perché sono fuori dal mondo del lavoro da tempo, ma il ricordo di ciò che di bello all’epoca mi suggeriva, è riaffiorato guardandola.

Misaeng, una vita incompleta, è il titolo di questo drama.
Una vita incompleta, che, forse, un po’ rimpiango.

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