Dopo che la collega scrittrice Clara Cerri ne aveva parlato in un commento a mio post di facebook qui, la frase “sospensione di incredulità” ha continuato a tamburellarmi nella mente per giorni, ripetendosi ossessivamente e con ritmo incalzante quasi un mantra. E’, a pensarci bene, una bella frase “so.spen.sio.ne.di.in.cre.du.li.tà” se ripetuta allungando le vocali, sembra quasi una preghiera. Oppure sarebbe una perfetta parola d’ordine per avere accesso a una setta segreta.
Fuori dalla porta blindata, si apre uno specchietto e due occhi scuri osservano con diffidenza:
– Parola d’ordine!
– Sospensione d’Incredulità!
– Perfetto, potete entrare!
E’ come quell’altra, simile, che fa tanto figo usare ma che si fa sempre un po’ fatica a capire cosa realmente voglia dire: “senza soluzione di continuità”. Sono frasi così, che accendono i pensieri e conquistano per la loro apparente semplicità, quando in realtà il concetto che esprimono non è affatto semplice.
Narra Wikipedia:
La sospensione dell’incredulità o sospensione del dubbio (suspension of disbelief) è un particolare carattere semiotico che consiste nella volontà, da parte del lettore o dello spettatore, di sospendere le proprie facoltà critiche allo scopo di ignorare le incongruenze secondarie e godere di un’opera di fantasia. La frase venne coniata da Samuel Taylor Coleridge in un suo scritto del 1817:
« … venne accettato, che i miei sforzi dovevano indirizzarsi a persone e personaggi sovrannaturali, o anche romanzati, ed a trasferire dalla nostra intima natura un interesse umano e una parvenza di verità sufficiente a procurare per queste ombre dell’immaginazione quella volontaria sospensione del dubbio momentanea, che costituisce la fede poetica. »
Ed ecco che compare all’orizzonte un fatto, un’occasione per mettere alla prova questa esperienza così particolare che è la sospensione di incredulità. Sto guardando un drama, ma questa volta non è coreano. E’ cinese. Ambientato a Beijing, la Pechino dei giorni nostri. E c’è una storia. Io come si sa, sono sempre a caccia di storie e questa volta, chissà perché, mi attardo a esaminare questa:
Lui1 e Lui2 sono fratellastri. Amano la stessa donna. Lei però è segretamente sposata con Lui1 dal quale ha avuto, sempre segretamente, anche un figlio. Lui2 però vuole Lei a tutti i costi, così con una scusa, mentre Lui1 è in ospedale convalescente (perché ha donato un rene al padre di entrambi morente), la convince ad andare a casa sua, la droga, la spoglia, le fa foto compromettenti.
La madre di Lui1, che non sopporta Lei, viene in possesso di queste foto, e durante una lite di famiglia (a cui sono presenti tutti, Lui1, Lui2, il padre di entrambi redivivo e ovviamente Lei) gliele sbatte in faccia accusandola di essere una “sgualdrina”.
Lei si difende, cerca di spiegare, prega in ginocchio Lui1 che non è mai stata fedifraga, che lei ama solo Lui (1) e che non lo ha mai tradito, che ci deve essere una spiegazione in tutto questo.
Ma Lui (1) inflessibile, non le crede, e compreso nel suo dolore e orgoglio ferito, le dice di andarsene via, che tra loro è tutto finito.
Lei, sempre segretamente, incinta del secondo figlio, scappa, si nasconde e per otto mesi nessuno sa dove sia andata a finire (e poi la Cina è così grande che è facile perdersi nei meandri…)
Nel frattempo Lui2 si pente di ciò che ha fatto. E in un commovente dialogo, straziante con Lui1 (che non sa ancora che Lei è fuggita e irreperibile) del tipo:
<<Fratello, devo confessarti una cosa!>>
<<Non ho bisogno delle tue confessioni, adesso, va’, vattene via!>>
<<Ma è importante, ho commesso un’azione meschina! Lei non c’entra niente, ho fatto tutto io…>>
<<Cosa hai fatto?>> (tono piatto, come se chiedesse che ore sono) <<Sentiamo un po’>>
<<L’ho drogata, l’ho spogliata, ho fatto io quelle foto! Lei non è mai stata infedele, lei ama solo te! Perdonami fratello!>>
<<Perché lo hai fatto?>> (tono monocorde di cui sopra)
<<Perché ero geloso! Non potevo accettare che lei avesse scelto te! Ti prego, fratello, perdonami! Ma soprattutto, cosa aspetti? Va’, vai da lei!>>
E Lui1 abbraccia il fratello Lui2 in una straziante scena di riappacificazione famigliare. Non si arrabbia neppure un po’, non dice al fratellastro neppure un <<Disgraziato, ma ti rendi conto di che casino hai combinato?>>.
Niente. Si abbracciano e piangendo si perdonano a vicenda per tutte le carognate che per trent’anni si sono fatti.
Ora, con tutta la buona volontà, e il più immane sforzo immaginativo, qui la io la sospensione di incredulità non la riesco proprio ad applicare.
Sorry.
I Drama Cinesi non fanno per me. La Cina NON mi è, viCINA
La sospensione di incredulità nemmeno.