“Stai davvero pensando di rivivere i ricordi dell’infanzia che hai perso? Sei davvero intenzionata a ricordare la tua infanzia per me, per aiutarmi a ritrovare la mia? Questo… puoi non farlo? Anche senza ricordare cosa è successo nel passato si vive molto bene nel presente. Hai tante persone attorno a te che ti amano, hai davvero bisogno di ricordare ciò che è accaduto nel passato? Se lo stai facendo per me, allora non farlo, ti prego di fermarti. Basta che tu viva la tua vita come è ora..”
Io non so resistere alle storie d’amore belle, ben ideate e ben scritte. A quelle scritte male, inverosimili o odiose invece so resistere benissimo. Ultimamente, visto che sto documentandomi su un certo modo di scrivere, su una certa tipologia di genere, mi sono resa conto di essere diventata insofferente a molti cliché letterari, a tanti stereotipi che affollano la narrativa di genere “rosa”. Uno dei cliché più frequenti, in questi ultimi anni, è il “mito di Cenerentola“. Che piano piano sta iniziando a starmi cordialmente sulle scatole. Cenerentola non la sopporto più.
Oddio, poverina, a me lei personalmente non ha fatto niente. Anzi, da un certo punto di vista è ammirevole. Nasce in un ambiente sano, amata e coccolata dai suoi genitori benestanti (il re e la regina del castello), attorniata da tante persone che la seguono e le vogliono bene (la governante e le cameriere), e poi, improvvisamente la madre muore, il padre si risposa un’arpia velenosa, muore anche il padre e l’arpia la riduce a schiava licenziando tutta la servitù. Cenerentola sopporta, sopporta, sopporta. E in un guizzo di follia, una sera prende la pal(l)a al balzo e partecipa al ballo del Principe Azzurro (se devo essere sincera fino in fondo, se Cenerentola mi sta sulle scatole, il Principe Azzurro mi sta proprio sul c…avolo!), complice la fata madrina che la veste, le trasforma una zucca in cocchio, i topolini in cocchieri, le fa indossare le scarpette di cristallo e le dà un out-out terrificante: a mezzanotte tutto tornerebbe come prima per cui lei dovrà lasciare il ballo. Ovviamente da “cenerella” bruttina e sporca, per qualche ora Cenerentola si trasforma in bellissima, fighissima con un sex appeal da urlo e il Principe Azzurro capitola ai suoi piedi.
La storia è nota: Cenerentola scappa a mezzanotte, perde la scarpetta, le sorellastre tentano di dimostrare che la scarpetta è la loro, ma alla fine l’inganno si scopre e tutti vissero felici e contenti.
Dai tempi di “C’era una volta“, di Cenerentola ne abbiamo viste di tutti i colori. Con varie interpretazioni. Ma in genere sempre sullo stesso piano: bella inconsapevole, nascosta da una goffaggine e da un carattere restio alla socializzazione, vittima di bullismo da parte o dei consanguinei o dai compagni di scuola, viene scoperta dal “Bello/Bullo” più ambito della società e grazie alla sua scoperta da baco diventa farfalla, da brutto anatroccolo diventa cigno, da brutta/sporca/imbranata (che cade a pelle di leone con indosso ballerine o antiestetici mocassini tacco basso) diventa superstrafiga che corre con tacco 17 e si dimena sulla pista da ballo che nemmeno una cubista moldava in abitini succinti e minigonne inguinali. Tutto “grazie” alle attenzioni e alla “scoperta” del Principe Azzurro (o di altro colore, magari Grey?) di turno.
Sinceramente a me Cenerentola inizia a rompere le balle. Non tanto perché è Cenerentola, ma proprio per questa cosa di essere l’eterno diamante grezzo da “ripulire”, da far brillare di luce propria: come se una messa in piega, un trucco pesante, due tacchi a spillo e minigonna ascellare fossero “il meglio del meglio” a cui una donna possa aspirare.
Nelle Cenerentole contemporanee poi, le “eroine” son sempre tutte “intonse”, “immacolate”, diciamolo pure, “vergini”. Tutte ritrose e anche se ingrifate come ricci femmina, pronte a difendere la loro illibatezza a suon di ceffoni (e già qui, l’uso della violenza… ) ma in genere hanno tutte – fateci caso, leggete a caso qualche nuovo libro “rosa” che abbia una Bella Swan, Anastasia o ultima della serie, Abigail Abernaith come protagonista e poi mi saprete dire – un’amica “zoccola”. Una che ama saltare bellamente da letto a letto e che altro non fa che indurre in tentazione l’amica dall’anima pura come giglio e consigliarle di “divertirsi pure lei tra le lenzuola di qualche compagno occasionale di sesso”. Ora, capisco che magari a 22/24 anni, se ti vesti con gonnellone di pannolenci verde marcio, mocassini pesanti nero mogano, completino twin set di cachemire color cachi(na) e ti pettini tenendo i capelli (sempre lunghi, vaporosi, luminosi ma anch’essi inconsapevoli di tanta luminosità, dalle stupende sfumature color cioccolato tendenti al ramato) raccolti in uno chignon stile Signorina Rottenmaier, grosse possibilità di rimorchiare non ne avrai, ma mi piacerebbe capire perché nel 2015 una donna dovrebbe martorizzarsi così solo per dimostrare di non essere una che ama zompare da un letto all’altro (perdendosi tutto il divertimento, tra l’altro). E ancora: perché sinonimo di “bella” deve essere il solito abbinamento “minigonna inguinale, tacco 17, unghie laccate di cinque colori diversi più lustrini a piacere, rossetto rosso carminio e ciglia finte+mascara triplo spessore”? Spiegatemi cosa hanno di tanto poco sexy un tubino nero sotto il ginocchio e scarpe con tacco di quattro centimetri, o tailleur blu marine camicina di seta e collana di finto-perle. Spiegatemi perché non un paio di jeans e una maglietta bianca, semplicissima. O un vestitino a fiori con gonnellina svasata e golfino verde pisello. Spiegatemi perché. Che io non capisco. Son vecchia, son tarda, son di altra generazione.
Poi arriva Lui, il Principe Azzurro e tutto cambia. Perché è notorio che noi donne siamo così cretine che siamo tutte lì che aspettiamo di essere cambiate dal Principe Azzurro. Anzi, plasmate da lui. Ah!
Terminando questo excursus, in questi giorni ho letto una marea di storie così: romanzi rosa storici (quelli cosiddetti dell’epoca Regency), romanzi rosa Young Adult (quelli rivolti a un pubblico di ragazzine adolescenti, fascia di età dai 14 ai 19 anni) e romanzi rosa hardcore (le solite Cinquanta sfumature in salsa piccante varie versioni, con più o meno svolazzi erotici e sadomaso al loro interno). Addirittura ho letto di un Cenerentolo (Cinder, di Marie Sexton), storia gay-romance che forse è quella che più ho apprezzato per l’ironia e il romanticismo malinconico contenuto in esso.
Dicevo prima, alle storie d’amore non so resistere, a quelle scritte male so resistere benissimo. Bene. E qui torniamo ai Coreani. Sì, proprio a loro, a quelli che hanno tanti problemi sociali che la metà basta, a quelli che hanno differenze sociali incommensurabili che per carità di Dio, stiamoci alla larga. E che sanno scrivere storie d’AMMORE con la A e ben due M maiuscole.
Dove magari l’eroina è una psichiatra al suo primo anno di tirocinio. Non “sciatta” anche se un po’ “goffa”, non scialba, affatto introversa (ha un carattere molto forte, al punto da tenere testa ai più violenti e imprevedibili malati psichiatrici che ha in cura e osservazione nel suo ospedale) e da un carattere volitivo e dominante che tiene a bada persino il fratello più ostinato e combina guai. Non diventa una “strafiga mozzafiato con abitini corti fino all’inguine e tacco 17” mai, neppure per sbaglio, quando si rimette a lustro, mantiene sempre un piccolo particolare un po’ kitch nel suo modo di vestire, e se ne fa vanto, ne fa il suo primo e inconfondibile segno distintivo.
Lui non è “lo stronzo-violento-che-usa-le-donne-e-le-getta-come-gusci-di-noccioline-vuoti“. E’ anzi, fragilissimo, così fragile da aver spezzettato la sua mente e la sua anima in sette personalità diverse e si nasconde per terrore di poter far del male a qualcuno, in special modo a lei, che è prima il suo medico ma poi, lui scopre, il suo primo amore di bambino. E’ una fiaba. Ma una fiaba amara e tenerissima, che sfiora temi pesanti, come quella delle molestie e delle percosse ai bambini, dell’infanzia negata, della malattia mentale, del recupero, della cura e del perdono. Un piccolo capolavoro. Che mi auguro gli americani NON copino e stravolgano come solo loro sanno fare.
Capito? L’Anti-Cenerentola e l’Anti-Principe-Azzurro, percosse e violenze all’infanzia, traumi infantili, segreti inconfessabili, senso di colpa, voglia di farla finita, depressione e cura, riscatto, perdono. Questi i temi di questa splendida storia, di questo drama magnifico che sa dosare amarezza e orrore a ironia e dolcezza e che nel mezzo, protagonista ma non principale, la storia di un amore delicato e maturo, che cresce pian piano, senza brividi di sessuale attrazione ma semplicemente attraverso il calore e la complicità, il sostegno, il bisogno di essere insieme e di proteggersi a vicenda.
Scrivere storie d’Amore non banali non copiando dai vecchi classici del passato, come Cenerentola, è possibile. Sarebbe bello se, anziché utilizzare sempre gli stessi canovacci, cercassimo di creare qualcosa di nuovo. C’è chi ci riesce. Perché noi no?
#ioleggodifferente
2 Comments