CRONACA SEMISERIA DI UNA QUADRATURA DEL CERCHIO PARTICOLARE (PARTE I)

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La foto non è messa qui a caso.
Questa è stata una “2giorni” intensissima e tutta all’insegna di Mika.
La quadratura del cerchio, la fine di un’epoca, il realizzarsi di un sogno, la chiusura di un libro aperto ormai più di tre anni fa, quel famoso 6 dicembre 2012 quando una star internazionale dal falsetto che uccide e una giovane aspirante cantante, partecipante a un talent show musicale si incontrarono per caso su un palcoscenico e diedero vita a una performance indimenticabile, breathtaking, sarebbe la parola giusta, se questo post fosse scritto in inglese.

Tutto è cominciato quando Sara, cara e bellissima amica conosciuta su facebook ma poi incontrata di persona già il Novembre scorso, e protagonista della “tregiorni” Mengonian-Bolognes-Fiorentina” del 21 maggio scorso, mi chiama già a Marzo per dirmi:
“Ci vieni a Milano a vedere Mika al Fabrique?”
“No, non penso, troppo faticoso…”
“Se trovo i biglietti ci vieni?”
“Mah… chissà… ho paura… vabbe’, tanto non li trovi, prova pure…”
……………
“Ho trovato 4 biglietti!”
ed è iniziata così la mia avventura.

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Ho trascorso i successivi tre mesi a dirmi ogni giorno
“Tanto non ci vado, all’ultimo momento troverò una scusa, dirò che ho mal di testa, che la casa è andata a fuoco, che ho tante cose da fare, da scrivere, da tradurre, da editare…”

E mentre mi dicevo così, una vocina dietro la nuca rimarcava:
“Da due anni rompi le balle a tutti con ‘sto Mika, che quasi nessuno prima conosceva e oggi anche la vicina di casa che incontri a far la spesa ti ferma per dirti “Ma lo sai che Mika stasera sarà a CheTempoCheFa da Fazio?, è da due anni il tuo sogno di poterlo ascoltare dal vivo, di poterne sentire gli acuti in presa diretta, e che cosa fai? Ti tiri indietro all’ultimo minuto?”
Insomma, gira che ti gira, tra un dialogo tra diavolo e angioletto che mi ritrovavo sulle spalle a darmi consigli, la data del 10 giugno 2015 è finalmente arrivata. E l’avventura è iniziata.IMG_3517[1]

Per farmi forza e coraggio mi sono trascinata dietro il FiglioMinorePolemicoEPetulante, che mi ha fatto pagare con gli interessi ogni minuto di questa giornata lunghissima e stancante, fin dalla fermata dell’autobus con cui abbiamo raggiunto la Stazione di Bologna Centrale. A ogni metro che percorrevamo non faceva che ripetere:
“Quanti favori che mi dovrai fare da lunedi in poi! Ricordati mamma: il 10 agosto faccio “after”, torno a casa da lunedi alle 2:00 tutte le sere, posso portare a casa i miei amici e la mia ragazza quando voglio, un giorno mi fai il ragù e il giorno dopo le polpette al sugo senza soluzione di continuità e per almeno due anni di fila, e tante e tante altre…”

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Insomma, sotto il continuo ricatto morale del FiglioMinorePolemicoEPetulante, arriviamo a Milano, ci incontriamo con Sara e Corinne e arriviamo al Fabrique che saranno non più che le 11:30 del mattino.

La fila davanti al Fabrique è già lunghissima. Un’organizzazione spettacolare a opera delle ragazze del Mika Fan Club Italiano (MFCI) e del gruppo Mika Fan Action su Facebook ci stampano sulla mano un numero che sarà quello che farà fede all’entrata per poter accedere ai primi posti del parterre.

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Sì, perché me la sono voluta godere tutta la mia prima (ma probabilmente ultima) avventura Mika’s Gig, e ascoltandolo dal parterre a pochi metri dal palcoscenico. E per fare ciò, ho dovuto vivere la vita delle “fan”, quella vera, rude, delle lunghe attese in fila seduta per terra sull’asfalto che brucia sotto un sole cocente,

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dei panini portati da casa, dell’ombrello che di solito usi per ripararti dalla pioggia e che oggi utilizzi per risparmiarti un’ustione di 3° grado alle spalle,

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quella del tempo infinito che non passa mai, dei piedi doloranti, della voglia di farti una doccia e la consapevolezza che fino almeno alle 2:00 del mattino non ti sarà possibile, ma anche dei canti a squarciagola del tuo beniamino quando un fan in fila accende lo stereo della macchina e dei balli,

delle giocate a carte o a Memory, all’uopo realizzato in versione “Mika”,

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delle risate insieme alle amiche che insieme a te vivono questa avventura e che addirittura son arrivate dalla Francia per viverla proprio con te.

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E così, anche le lamentele un po’ feroci del FiglioMinorePetulante diventano più leggere.

La cosa buona del Tempo è che passa, inesorabilmente anche se ti sembra il contrario e in un battibaleno relativo ti ritrovi dentro al locale, seduta davanti al palco, a guardare quel pianoforte a coda che prima o poi vedrà Mika suonarlo, ballarvi sopra, saltarci come un gatto sinuoso e giocare con il pubblico scherzando e facendo un po’ lo scemo.

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La cosa bella del parterre è che ti ritrovi accanto le amiche del cuore e anche nuovi “arrivi” simpatici e sorprendenti.

E poi arriva lui.

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Entra in scena e tutto cambia. Diventa un’altra cosa. Lo hai visto in video milioni di volte. Lo hai ascoltato parlare da YouTube e dai siti delle radio online, nelle interviste e in televisione, a Xfactor 7 e 8, la sua voce è inconfondibile, il suo viso altrettanto ma lui è lì, adesso, davanti a te, in carne e ossa, con quella giacca blu con i cuoricini rosa, che probabilmente gli ha disegnato la sua mamma per Valentino, e sai che la tua Musa sta per apparecchiarti una scorpacciata di emozioni che, sì ti aspettavi, ma che probabilmente saranno totalmente diverse da quelle che immaginavi, troppe persino per la tua fervida immaginazione.

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Non è solo bello, Mika, su quel palcoscenico. E’ il palcoscenico. E’ l’Arte che si fa Corpo e Voce.

Quando ho scritto il “manoscritto che odio” ispirata da lui, dalla sua voce, dalle vibrazioni che emanava attraverso i suoi testi, le melodie scritte, i pensieri raccontati attraverso La Repubblica XL, credevo di avere un legame empatico con lui e di “sentire” ciò che viveva. Farneticazioni di scrittrice, lo so. L’ho sempre saputo. Eppure, adesso che me lo vedo lì, davanti, a grandezza naturale, in technicolor che si lancia in un acuto potente e irresistibile, è come se il mondo mi si aprisse sotto i piedi e una pedana naturale mi sollevasse e mi portasse alla sua altezza. Come se le persone che mi ritrovo a sentire spingere dietro, accanto e davanti a me non esistessero più. Siamo io e lui, io e la sua musica, io e la sua voce.
Io e le vibrazioni che manda a piene manciate…

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Mio figlio, il FiglioMinorePolemicoEPetulante di prima si avvicina e mi urla nell’orecchio:
“Mamma, mi rimangio tutto quello che ho detto oggi contro di te e contro Mika, grazie, lui è Fantastico!”

Dire che sapevo che sarebbe andata così, sarebbe useless (sempre se questo post fosse scritto in inglese) e ridacchio divertita, mentre continuo a vivere la mia personale armonia con il mio IdoloSulPianoforte.

Finché non canta Stardust.
Allora lì, il mio cuore skip a beat, and then two, and then three more.
Stardust ha un significato molto importante e intenso, per me. Non solo è la canzone con cui Mika mi ha conquistato, ma è quella che ha ispirato la mia vita narrativa per ben otto lunghi mesi. Una canzone che pur avendola ascoltata milioni di volte (e non esagero) continua a darmi brividi intensissimi a ogni ascolto. E’ musica che si fa liquida, poi si sublima e diventa aria, ti entra dentro e si solidifica di nuovo scoppiando in mille schegge di sensazioni.
Come Underwater
Come Any Other World  (che canterà alla fine, pare in base a una richiesta delle “vecchie” e fedelissime fan) e Over My Shoulder (che non ha cantato).
Come By the time (che non mi risulta abbia mai cantato e non capisco perché, dato che è una delle più belle del secondo album) che tra le altre cose mi ha ispirato così tanto da obbligarmi a scrivere un lungo racconto su quelle note e quelle lyrics.
Come Good Guys e Last Party in questo ultimo album che sta per uscire, per dire.

Ma tornando al momento in cui canta Stardust, ecco, lì mi sono sentita piccola piccola, un puntino in mezzo a uno spazio immenso e immortale. Non avevo quasi più voce, a quel punto da usare per cantarla, e quindi l’ho semplicemente recitata sottovoce, con i lucciconi che si facevano lacrime agli occhi ma non avevano il coraggio di scendere a prendersi la loro rivincita sulle emozioni che in quel momento si alternavano nel cuore. Stardust.
La “mia” Stardust. Come la poesia di Pascoli letta da bambina per la prima volta. La “mia” Poesia. Come Il Barone Rampante di Italo Calvino, incontro folgorante a sedici anni, adolescente sognatrice e tormentata. Il “mio” romanzo.

Il concerto arriva alla fine, i piedi sono in fiamme, le gambe formicolano di stanchezza esausta, la gola è riarsa ma stranamente non mi sento male, anzi, incredibilmente attiva ed energica.
A sentirmi esausta ci penserò poi.

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Dentro al Fabrique
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Fan-action Mika
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Sara, Corinne and I
'Cuz Mika is our King - Foto di Simona Gardella
Mika the King – Foto di Simona Gardella

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