Riprendo a scriverne. Per mesi non sono più riuscita a “ricopiare” dal mio quadernino i pensieri liberi durante il mio ricovero. Oggi, e non so spiegarne il perché, sento il bisogno di ricominciare. Di lasciare qui sopra sul mio blog di “invisibilità visibilissima” la traccia della mia esperienza.
Non ho voglia di scrivere o leggere. Eppure sono in una stanza con una signora, non so come si chiama, che non risponde alle cure e alle sollecitazioni. Dorme e non si muove. Respira appena. La sua presenza mi intristisce e mi solleva al tempo stesso. Penso alla sua famiglia, all’attesa solitaria di una fine che pare inesorabile. E che arriva all’alba del giorno dopo e di cui mi accorgo appena.
Sono stanchissima, dormo sempre tanto e non sento il trambusto degli infermieri e dei dottori. Apro gli occhi e solo per un istante vedo il sacco bianco dell’obitorio richiudersi. Poi di nuovo l’oblio.
So di non aver sognato, ma è come un sogno e ci penserò per giorni. Quando mi sveglio verso le 9:00 del mattino accanto a me c’è L., un’altra vecchina incosciente e immobile che lamentosa chiama a più riprese Luda, forse, dicono le OSS, la sua badante lituana di quando era a casa. Forse una figlia, che chissà dove ne aspetta il ritorno.
Gli infermieri si avvicendano ad accudirla e a parlarle. Sono gentilissimi. Pieni di umanità. Mai un momento di stizza o di noia nei suoi confronti. La nutrono e la confortano e lei piano piano riprende anche a parlare, a rispondere che una cosa le piace e che apprezza le cure che riceve. Il pensiero della solitudine che deve provare è devastante per me che non so come muovermi, come parlarle. E allora mi limito a viverle accanto sperando che riesca a farcela.
Mentre sono qui penso perché le persone anziane e inabili debbano soffrire così tanto e restare in vita. Eppure il mio pensiero è che non sono vite concluse, vite finite. Sono vite importanti. A casa hanno figli, mariti, nipoti che aspettano solo di riabbracciarli. E il Covid19 non è soltanto il flagello per i vecchi, lo sterminio di un’umanità improduttiva. E’ il massacro della famiglia, lo smembrarsi del nucleo, lo sfilacciarsi dei legami d’amore e perciò no, è giusto curarli, fare posto anche a loro, prodigarsi affinché vivano nonostante il virus perché sono la nostra identità scolpita sulla pelle.
E così sorrido con la OSS che entra adesso e risponde come se fosse Luda alla signora vicino al mio letto, la cambia, la pulisce e nel farlo l’accarezza per farle sentire, anche attraverso l’incoscienza, la presenza di un affetto e la certezza di essere amati anche se a distanza.