#13. SULLO STILE: RIDONDANZE

Abbiamo stabilito il genere del nostro romanzo, il punto di vista e il tempo verbale con cui lo scriveremo, ci siamo lasciati ossessionare dalla storia, abbiamo focalizzato i caratteri e le caratteristiche fisiche dei nostri personaggi, abbiamo fatto gli schemi, scritto la trama, le schede personaggi, gli outline, le tag-line e le log-line. Insomma abbiamo fatto i compiti.

Adesso è il momento di iniziare a scrivere. Di partire veramente per quel viaggio che ci porterà lontano, nell’universo della fantasia.

Ognuno di noi ha una voce interiore, un modo di percepire sensazioni e sentimenti, soprattutto ciascun autore ha uno stile. Non sempre si è consapevoli di questo e sicuramente ci vorrà molto impegno e tante esercitazioni per imparare a conoscersi e conoscere quello che ci anima. A capire qual è il nostro stile. Ma una cosa è sicura: provando, insistendo, arriveremo a scoprilo, a conoscere la nostra voce interiore. 

Alcuni scrivono in modo scattoso, asciutto, con frasi brevi e adorano scandire il ritmo della narrazione attraverso descrizioni rapide e incisive. Altri invece preferiscono raccontare in maniera più placida, lenta, indugiando sulle descrizioni e facendosi aiutare da figure retoriche e metafore descrittive. Altri ancora invece raccontano senza caratterizzare moltissimo, preferendo una narrazione più accademica e didascalica, alla “vecchia maniera”. 

Qualunque sia il vostro stile, purché crediate veramente in voi stessi e in ciò che scrivete, sappiate che è quello più giusto per voi. Sono dell’idea che uno scrittore sappia veramente ciò che è più giusto per lui e per i propri personaggi. Potete cercare consigli, opinioni di lettura a un certo momento del vostro processo creativo, ma sappiate che ciò vi definisce come scrittori è il vostro stile creativo.

Si consiglia di leggere, leggere, leggere se si vuole scrivere. E leggere è infatti la soluzione. Ma non lo è copiare lo stile dell’autore che si ama di più o che si ammira per il successo che ha avuto con uno o due libri best seller. 

Copiare no. Copiare è il male. Tenetelo sempre a mente.

Oltre tutto, che gusto c’è, a copiare? O scimmiottare lo stile di un autore che si ammira e si segue? 

Tornando alla prima di queste mie chiacchierate, ragionateci su, domandavo: perché scrivere? Personalmente, scrivo le storie che vorrei leggere e che non trovo scritte da nessuna parte. E questo significa che se non le trovo da nessuna parte vuol dire che c’è un modo di scriverle che ancora non è stato “scoperto”. Fate che quel modo diventi il vostro. Unico. Proprio perché appartiene soltanto a voi.

Siete state bravi  studenti e avete sempre avuto un voto alto al liceo in italiano e nei componimenti? Siete insegnanti di Latino e Greco al liceo classico? Non fa di voi uno scrittore per forza. Avrete strumenti dalla vostra che vi possono avvantaggiare, quali la correttezza grammaticale nell’esposizione, ma non sarete per forza bravi narratori. Troppo spesso nei testi di aspiranti scrittori  noto problemi che rendono il testo, magari validissimo a livello di trama, impossibile da tollerare quale lettore.

Alcuni di questi problemi sono le ridondanze e le ripetizioni. Per citarne alcuni.

Ridondante è quel testo che si fa fatica a leggere per eccessiva lunghezza, frasi involute, scarsità di punteggiatura, compiacimento eccessivo nell’utilizzo di parole difficili che, ahimè, appesantiscono il discorso e lo rendono disagevole a chi legge. Ridondante è anche quel passaggio che abbonda di aggettivi nelle descrizioni o ripetizioni dello stesso aggettivo, sostantivo, avverbio nello spazio di poche frasi. Ridondante è anche l’inserimento di cacofonie sgradevoli e di rime involontarie in una frase. 

Questo è l’incipit del primo racconto che ho scritto. Ero così fiduciosa del fatto che fosse bellissimo da inviarlo a una rivista specializzata sperando in una pubblicazione. L’editor, bravissimo, di tale rivista me lo massacrò, ovviamente rifiutandolo. Che cosa c’era di sbagliato in questo testo? 

Oltre al fatto che si tratta di un passaggio molto poco mostrato e invece assai raccontato, notate bene le varie evidenziazioni. In azzurro le iper-aggettivazioni. “Piccolo e curvo”, “camminava lentamente e a fatica”, “sguardo irritato e infreddolito”. In viola due avverbi con finale in “ente” in pratica nella stessa frase; in giallo una frase complessa e anche poco utile all’economia del racconto. Tutto questo poi addirittura nell’incipit del racconto stesso che genera poco interesse e fatica a leggere. L’editor mi consigliò di riscriverlo completamente. Questa fu poi la versione che fu pubblicata sul periodico settimanale Confessioni Donna nel 2007

Camminava a fatica sorretto dal suo inseparabile bastone. Trascorreva giornate intere a osservare i passanti che, rinchiusi nei loro cappotti, lo degnavano a volte solo di uno sguardo infreddolito.  Restava ore e ore appoggiato alla vetrina del mio negozio a sorridere a chi, irritato o spazientito a causa di un marciapiede sempre ingombro di parcheggi abusivi, lo ignorava completamente. Le rare volte che lo si sentiva parlare, si capiva essere toscano. Nel quartiere infatti lo chiamavano tutti “il nonno di Firenze” anche se, mi raccontò una volta,  veniva da Siena. Ma a Bologna, si sa, l’accento toscano viene sempre associato a Firenze…

È cambiato sostanzialmente di poco, ma come potete notare, gli avverbi in “ente” sono quasi tutti spariti, le doppie aggettivazioni dimezzate, il passaggio molto più corto, le frasi meno involute, più corte, rapide, sicuramente più incisive. Oggi, a distanza di tanti anni, forse avrei altre cose da tagliare, riscrivere, modificare, non è certamente un testo perfetto, ma serve allo scopo. A mostrare che un testo si può, e si deve, lavorare e tenere presente piccole accortezze per renderlo migliore. 

Quindi attenzione alle ridondanze, ai passaggi lunghi e involuti, ai troppi aggettivi (quando si può descrivere qualcosa o qualcuno con un solo aggettivo, perché usarne due o più?) e alle ripetizioni della stessa parola troppo ravvicinate. 

Questo è l’incipit – oggi completamente cancellato – di un romanzo “in progress” che ho da poco terminato di scrivere. Lo avevo sottoposto a un Editor (Eugenio Saguatti, ndr.) per un workshop sull’editing indetto da EWWA, Associazione di Donne Scrittrici (European Writing Women Association) e che lavorano nel mondo dell’editoria, che si è tenuto ad Aprile a Imola (Bologna).

Non mi piaceva e sapevo che c’erano parecchie cose che non andavano, ma non riuscivo a scoprire quali. E queste sono state le segnalazioni dell’editor:

  • La frase in rosso contiene un’incongruenza: se i temporali estivi non sono insoliti, come fa a piovere raramente proprio in quel posto?
  • La frase segnalata in verde: involuta e compiacimento stilistico fastidioso. Girare il coltello nella piaga ormai putrida era più semplice, rendeva il concetto ugualmente ed era più abbordabile da parte del lettore. 
  • Le frasi in celeste: troppo lunghe, faticose sia alla comprensione che alla lettura. Con meno parole e con frasi più corte l’immagine sarebbe stata sera in maniera più vivida e comprensibile. E sarebbe rimasta impressa nella memoria del lettore assai più facilmente.
  • Guardate quanti avverbi in “ente” in grassetto e in giallo: fortemente, alacremente (parolone forbito che rimanda a testi antichi e poco attuali), prontamente, assolutamente. Tutti in maniera davvero troppo ravvicinata.
  • Cacofonia sgradevole: inqualificabile silenzioso assenso. La presenza di troppe lettere “esse” insieme a una “zeta” rendono la frase persino quasi impronunciabile. Sembra uno scioglilingua.
  • Presenza di Infodump: L’infodump in un testo si ha quando si danno troppe informazioni, troppo dettagliate che rendono il testo pesante e la lettura faticosa. In italiano viene spesso tradotto come “spiegone”. Spesso si tende a dare al lettore una quantità di informazioni, tutte insieme e, fateci caso, con termini il più sovente tecnici. Ma la narrativa è prima di tutto intrattenimento. Il lettore non può essere aggredito con una serie di nozioni e terminologie studiate o scoperte attraverso la documentazione effettuata durante la pianificazione. Non si può avere fretta di “sbolognare” al lettore tutto ciò che abbiamo imparato o sappiamo sul passato dei nostri personaggi, solo perché ci assale l’ansia di non dire abbastanza o di non fargli capire a sufficienza. Il lettore vuole essere imbeccato ma non annoiato. Che la casa di nonno Hicks fosse stata costruita per il matrimonio della figlia ormai defunta, in quell’incipit, in quel punto della narrazione, a cosa serviva? Perché il lettore si doveva sorbire quell’informazione così, fulmine a ciel sereno? 

Ovviamente, tutto questo pezzo di “incipit” è stato da me completamente cancellato e riscritto. 

Quindi, attenzione. Cercate il vostro stile scrivendo, facendo esercitazioni, leggendo e magari analizzando anche la scrittura di quegli autori che tanto amate. 

NON COPIATE

Non fa bene al vostro scrivere e non vi porta da nessuna parte.

Trovate la vostra voce, quella unica che vi rappresenta, che vi riguarda.

E imparate a evitare già mentre buttate giù un testo le ridondanze e le ripetizioni – statene certi, ne userete sempre troppe, anche dopo anni di allenamento e libri pubblicati – gli infodump e il compiacimento stilistico.

Non pensate: tanto poi mi correggerà l’editor. Non funziona così.

Sarete già a metà strada verso la meta del vostro viaggio.  

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