SONO SEMPRE IO, LA FINE DI UN AMORE O IL SUO VERO INIZIO?

Ho scritto una recensione “emotiva”, sull’onda delle sensazioni contrastanti a fine lettura del primo capitolo della serie “Io dopo di te” di Jojo Moyes qui e una forse un po’ più riflessiva qui e “tiepida” per il secondo, “Dopo di te”, di questa serie romantica ma non troppo. Adesso è la volta del terzo e ultimo episodio, “Sono sempre io”, uscito a fine febbraio 2019, forse anche un po’ ignorato dalla critica e dai blog perché, moltissimi si sono voluti fermare al primo per non perdere la “chimica” che il protagonista maschile aveva instillato in loro.

In realtà, a me il secondo romanzo era piaciuto e anche parecchio, proprio perché non scadeva nel romanzato, nel “rosa” confetto, ma addirittura si inaspriva su descrizioni di perdita dell’orientamento, di depressione e di incapacità a recuperarsi dopo un lutto così grande come quello che è capitato a Louisa. Mi era piaciuto perché onesto, non edulcorato, soprattutto non consolatorio a tutti i costi.

E, sebbene Will Traynor fosse un grande personaggio, dalla personalità accattivante, avevo amato molto Sam, e i nuovi personaggi – anche “la sorpresa” che a un certo punto arriva come un fulmine a ciel sereno – che gravitano attorno a questa Louise in fase di ricostruzione.

Il finale di “Dopo di te” ci aveva lasciato un po’ così, come sospesi. Cosa avrebbe fatto Louise? Sarebbe tornata? Sarebbe andata oltre? Si sarebbe lasciata sedurre dalla metropoli americana e si sarebbe lasciata tutto dietro le spalle, persino il nuovo amore che con così fatica era riuscita ad accettare? Il futuro era tutto da scrivere e il lettore avrebbe potuto fantasticarci sopra senza problemi. Ma l’autrice Jojo Moyes ha preferito altrimenti.

“Sono sempre io” riprende da dove avevamo lasciato Louise: all’atterraggio del volo che la sta portando a New York a lavorare per una coppia di multiminionari americani. Spaesata e goffa, in difficoltà fin da subito per via dei modi bruschi con cui viene trattata da quelli che diventeranno presto i suoi colleghi di lavoro. Nel cuore il vuoto che prova per la mancanza di Sam e della sua famiglia ma anche la voglia di vivere una nuova avventura, come Will le ha insegnato di fare.

Will che ricompare nelle lettere che scriveva alla madre prima dell’incidente che lo avrebbe reso paraplegico e che Mrs. Traynor spedisce a Louise dall’Inghilterra per farla sentire meno sola. Will che ancora ha da dire e da insegnare a Louise anche dopo anni dalla sua scomparsa. Will che come per magia “ricompare” in una versione diversa ma forse molto simile a quella che sarebbe stato in realtà se non avesse avuto l’incidente in moto.

Louise con fatica ma con determinazione si ambienta nella nuova realtà newyorkese e piano piano la domina. Stringe nuove amicizie, riceve apprezzamenti e viene anche pugnalata alle spalle da una persona di cui si era fidata, guardandosi bene dall’ascoltare il consiglio del funzionario della dogana all’arrivo “stia attenta a cosa accetta di dire di sì, Signorina Clarke”.

E l’amore, che dovrebbe essere solido e profondo, vacilla, s’impenna, si allenta, si rianima con gelosie infondate, si alimenta di dubbi e di tormento per poi lacerarsi. Scomparire. Ricomparire sotto nuove sembianze, forse. Magari non del tutto. Probabilmente non nella persona più giusta o adatta a Louise. E poi la vita, come sempre, si ricompone, ricostruisce con nuove possibilità, e sorprende.

Perché se nel primo Io dopo di te, il protagonista assoluto era Will Traynor, nel secondo e nel terzo Louise Clarke è a tutti gli effetti regina incontrastata della storia. E nel terzo la graduale presa di coscienza e crescita non solo umana è la perfetta conseguenza e chiusura di una bellissima storia d’amore senza tempo. Sorprenderà, lascerà un bel sorriso sulle labbra e farà scuotere la testa dicendo “Sì, questo era il finale che ci voleva”.

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